domenica 11 febbraio 2024

La dedica di un marito alla moglie defunta

 


' D(is) M(anibus) / Aeburcelliae / G(ai) f(iliae) Ingenuae. / L(ucius) Aebutius

Carpo/forus, coniugis / obsequium, signu/m, solamen amoris, / honc titulum

pos/uit confusa mente / maritus.'


"Agli Dei Mani di Eburcellia Ingenua, figlia di Gaio. Lucio Ebuzio Carpoforo,

il marito in pieno smarrimento mentale, ha posto questa dedica quale atto di

deferenza verso la moglie, come prova e a consolazione del (suo) amore."

(Il testo latino e la traduzione italiana sono state riprese da G. Mennella, op. cit., pp.182-183, n.3)


Questa stele pseudocuspidata in marmo grigio, alta 47 cm, larga 30 cm e spessa 4 cm è stata trovata in un deposito di limo sabbioso di formazione naturale nella "Cripta dei Vescovi" sotto la cattedrale albese. Decorata con una rosetta a quattro petali nel timpano e con interpunzioni di vario genere a scandire il testo, tra cui una a fogliolina d'edera che abbellisce proprio il suo centro, l'epigrafe è in buone condizioni conservative e facilmente leggibile.

Essa è poi un esempio assai raro di iscrizione funeraria ligure pagana realizzata in poesia, dato che dopo la presentazione onomastica dei due coniugi si trovano due perfetti esametri con cesure semiquinarie. Questo scritto così particolare potrebbe sì essere stato scelto dal committente fra una serie di proposte già a disposizione dell'officina lapidaria che realizzò l'opera, ma potrebbe altresì essere che il marito stesso abbia composto questi versi "di getto", per esprimere lo sconvolgimento in cui cadde per la perdita dell'amata e la commozione che provò al momento della morte improvvisa.

Nonostante la discreta fattura, la stele appare non del tutto finita viste alcune linee guida di preparazione del testo che ancora affiorano soprattutto nelle ultime righe e poiché mancano alcuni dettagli di rifinitura dell'opera come, ad esempio, la lisciatura di tutto il lato destro e di quello superiore. Riguardo l'onomastica sono poi di sicuro interesse il 'nomen Aeburcellia', assolutamente unico nel suo genere, e il fatto che il marito, dal 'cognomen Carpoforus' di origine grecanica, abbia omesso la sua filiazione ma non quella della moglie, probabilmente per non dichiarare troppo esplicitamente la sua condizione di ex-schiavo liberato unitosi ad una donna di liberi natali.

Infine, come datazione l'opera può essere ricondotta verosimilmente alla prima metà del II secolo d.C.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

-  G. Mennella, "Le epigrafi romane", in E. Micheletto (a cura di), "La cattedrale di Alba. Archeologia di un cantiere", Firenze 2013, pp.182-183, n.3.