martedì 23 aprile 2024

Tesori nascosti - Iscrizione pubblica per Caracalla

 

Esposta assieme ai pavimenti del teatro antico e ai reperti legati ai culti cittadini, in una sala del museo "F. Eusebio" si trova oggi una rara testimonianza della Liguria interna relativa all'imperatore Caracalla.

Questa lastra di calcare di appena 38x50 cm, probabilmente reimpiegata data la colata di vernice sintetica che ne ha danneggiato tutta la superficie e rinvenuta nel 1985 ad Alba in un luogo sconosciuto, in origine faceva parte di una ben più maestosa iscrizione pubblica, come si evince anche dalle lettere alte fino ad 8 cm, offerta al figlio di Settimio Severo dalla 'plebs urbana' di 'Alba Pompeia' in verosimile unione con l'ordo decurionale della città, ossia l'insieme dei cittadini più ricchi ed onorevoli che avevano il privilegio di poter sedere nella curia, il senato locale creato a immagine di quello di Roma. La dedica è inoltre la prima attestazione di questa forma di onori nell'ambito della municipalità albese e potrebbe documentare l'esistenza di un ordo decurionale per l'amministrazione della città fino ai primi decenni del III secolo d.C.

Poiché solamente la dinastia dei Severi faceva riferimento ai precedenti imperatori antonini attraverso una fittizia parentela adottiva, la menzione nell'iscrizione del dedicatario come 'adnepos' di Traiano induce a identificarlo in Caracalla e la sua stessa titolatura sembra essere successiva alla morte del padre, dunque l'intera epigrafe si collocherebbe di sicuro dopo il 211 d.C. Vista poi la genericità dell'omaggio, non è da escludere che si trattasse di un auspicio 'pro salute et reditu', indirizzato all'imperatore per augurargli il miglior ritorno possibile dalla campagna in Oriente contro i Parti del 214 d.C.

Infine, la stessa lastra è anche una delle poche epigrafi databili a questo secolo, periodo in cui, data la grave mancanza di testimonianze sulla vita cittadina, è evidente che 'Alba Pompeia' stava affrontando una crisi caratterizzata dal regresso economico, dalla contrazione della popolazione e dal progressivo abbandono delle strutture pubbliche e private.

Limitatamente alle quattro righe ancora in parte conservate, l'iscrizione pubblica poteva recitare così:

'... [Divi Hadriani abnepoti, D]ivi Trai[ani / Parth(ici) et Divi Nervae] /

[a]dnepoti /

[M(arco) Aurelio Anton]ino Pio [Felici Augusto] /

[decuriones et] plebs [urbana] (?). / ----- (?)'


"... All'abnipote del Divo Adriano, adnipote del Divo Traiano Partico e del Divo Nerva,

Marco Aurelio Antonino Pio Felice Augusto,

i decurioni e la plebe urbana (di 'Alba Pompeia' fecero fare)... (?)"

(Testo latino ripreso da G. Mennella e S. Barbieri, op. cit., p.575, n.9. Traduzione italiana liberamente realizzata)

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- L. Albanese, "Marmi romani dal Museo Civico 'Federico Eusebio' di Alba, Savigliano 2007, p.146, n.93.

- S. Giorcelli Bersani, " 'Regio IX. Liguria. Alba Pompeia' ", in " 'Supplementa Italica' ", 17, 1999, pp.73-74, n.3.

- G. Mennella e S. Barbieri, "La documentazione epigrafica della città e del territorio", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, p.575, n.9.

- S. Roda, "Ai margini dell'impero nell'età dell'angoscia: Alba e il Piemonte romano al tempo di Pertinace", in M. Pomponi (a cura di), "Publio Elvio Pertinace imperatore romano: 'Alba Pompeia' 126 - Roma 193 d.C. Atti della Giornata di studi su Publio Elvio Pertinace, Fondazione Ferrero, Alba, giugno 2007", Alba 2010, p.38 e nota 47. Quest'ultimo contributo fornisce inoltre un'attenta analisi della crisi che colpì 'Alba Pompeia' ai tempi della salita al potere dell'imperatore Pertinace e, forse, già in epoca precedente.

- Per utilissime informazioni sullo studio delle testimonianze epigrafiche e sulla conoscenza che tale tipologia di fonti ha potuto trasmettere sulla civiltà romana si può consultare il manuale più volte ristampato S. Giorcelli Bersani, "Epigrafia e storia di Roma", Roma 2004, in particolare pp.171-182 (5.1 "I signori delle città") per spiegazioni sull'ordo decurionale delle diverse comunità cittadine. 

giovedì 7 marzo 2024

Il nastro d'oro di una matrona


Ad Alba, nell'area sepolcrale di via Rossini facente parte della grande necropoli sudoccidentale estesa lungo l'asse dell'odierno corso Piave, è stata trovata una tomba che doveva appartenere ad una ricca matrona romana, visto il pregio degli oggetti del suo corredo funerario.

Tra questi ultimi spicca particolarmente un frammento di 24 cm di un nastro che la donna poteva utilizzare sia per impreziosire i bordi di una veste che per ornarsi i capelli in un'elaborata acconciatura. Esso è uno dei rarissimi reperti in oro ritrovati finora nel Piemonte sudoccidentale ed è stato tessuto con fili d'oro ottenuti attorcigliando della fettuccia d'oro intorno ad un filo fibroso.

Nella sepoltura, scoperta tra il 1975 e il 1976 già parzialmente sconvolta dai lavori di un cantiere edile, si trovavano anche altri oggetti insieme a questo nastro, oggi tutti conservati in una vetrina al primo piano del Museo "Federico Eusebio". Tra questi vi sono: un manico semicircolare e delle forcine che costituiscono i resti di un cofanetto, probabilmente in legno rivestito di pergamena, usato per contenere gli strumenti per abbellirsi ed agghindarsi, gli 'ornamenta'; uno specchio rettangolare in bronzo argentato e dei balsamari in vetro soffiato dalla cui tipologia è stato possibile dare alla tomba una datazione verso la fine del I secolo d.C.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- L. Albanese, " 'Alba Pompeia': il nastro d'oro della tomba n.20 e gli 'ornamenta matronalia' ", in E. Micheletto (a cura di), " 'Ornamenta' femminili ad Alba e nel Cuneese in età antica", Alba 2011, pp.20-25.

- Più in generale, sugli 'ornamenta' femminili rinvenuti nelle necropoli del Cuneese si veda anche M. C. Preacco, "Gioielli e mondo femminile nelle necropoli cuneesi di età romana", in E. Micheletto (a cura di), op. cit., pp.15-19.

- Sulla tomba 20 dell'area di via Rossini ad Alba si veda inoltre G. Spagnolo Garzoli, "L'area sepolcrale di Via Rossini: spunti per l'analisi della società e del rituale funerario ad 'Alba Pompeia' tra Augusto ed Adriano", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, pp.317-319.  

lunedì 4 marzo 2024

Sogni digitali (Digital Dreams) all'Eusebio

 Sabato 24 febbraio al Museo Eusebio è stata inaugurata la mostra “Sogni digitali (Digital Dreams)” dell'artista albese Paolo Vergnano, biologo albese con la passione per la camera oscura.

Un interessante e creativo cortocircuito fra la bellezza della natura esotica e le foto di una Langa diroccata e misteriosa è al centro di una collezione di collage fotografici dalle sfumature oniriche e surreali.

Il gioco di colori delle farfalle in volo si intesse in sfondi ruvidi, quasi materici. Occasione di incontro e scontro della vitalità delicata del creato con la forza silenziosa e austera di mura e rocce, gli scatti di Vergnano portano a nuove e feconde composizioni al confine fra la fotografia e la pittura.





Alleghiamo in video la presentazione della mostra da parte dell'Assessore alla Cultura Carlotta Boffa e della Curatrice del Museo Luisa Albanese...

una parola di benvenuto da parte del Curatore della Sezione di Scienze Giovanni Repetto...

e una presentazione della presenza degli Amici nel nostro Museo, da parte di Luciano Giri.

A seguito delle presentazioni, ecco che la parola viene lasciata al critico d'arte Diego Repetto e al giornalista Paolo Rastelli di Gazzetta d'Alba, che costituiscono una piccola tavola rotonda assieme all'artista Paolo Vergnano, indagando la nascita e lo sviluppo di questa originale collezione fotografica.


In questo ultimo video, in particolare, si narra della genesi di questo singolare progetto artistico e di come la ricerca di un cascinale da restaurare si sia trasformata in uno spunto per le fantasie esotiche dell'autore.

Ricordiamo che la mostra sarà aperta fino al 29 settembre dal martedì al venerdì dalle 15:00 alle 18:00 e sabato, domenica e festivi dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00, all'interno dalla sala Maccario del Museo Eusebio.  

domenica 11 febbraio 2024

La dedica di un marito alla moglie defunta

 


' D(is) M(anibus) / Aeburcelliae / G(ai) f(iliae) Ingenuae. / L(ucius) Aebutius

Carpo/forus, coniugis / obsequium, signu/m, solamen amoris, / honc titulum

pos/uit confusa mente / maritus.'


"Agli Dei Mani di Eburcellia Ingenua, figlia di Gaio. Lucio Ebuzio Carpoforo,

il marito in pieno smarrimento mentale, ha posto questa dedica quale atto di

deferenza verso la moglie, come prova e a consolazione del (suo) amore."

(Il testo latino e la traduzione italiana sono state riprese da G. Mennella, op. cit., pp.182-183, n.3)


Questa stele pseudocuspidata in marmo grigio, alta 47 cm, larga 30 cm e spessa 4 cm è stata trovata in un deposito di limo sabbioso di formazione naturale nella "Cripta dei Vescovi" sotto la cattedrale albese. Decorata con una rosetta a quattro petali nel timpano e con interpunzioni di vario genere a scandire il testo, tra cui una a fogliolina d'edera che abbellisce proprio il suo centro, l'epigrafe è in buone condizioni conservative e facilmente leggibile.

Essa è poi un esempio assai raro di iscrizione funeraria ligure pagana realizzata in poesia, dato che dopo la presentazione onomastica dei due coniugi si trovano due perfetti esametri con cesure semiquinarie. Questo scritto così particolare potrebbe sì essere stato scelto dal committente fra una serie di proposte già a disposizione dell'officina lapidaria che realizzò l'opera, ma potrebbe altresì essere che il marito stesso abbia composto questi versi "di getto", per esprimere lo sconvolgimento in cui cadde per la perdita dell'amata e la commozione che provò al momento della morte improvvisa.

Nonostante la discreta fattura, la stele appare non del tutto finita viste alcune linee guida di preparazione del testo che ancora affiorano soprattutto nelle ultime righe e poiché mancano alcuni dettagli di rifinitura dell'opera come, ad esempio, la lisciatura di tutto il lato destro e di quello superiore. Riguardo l'onomastica sono poi di sicuro interesse il 'nomen Aeburcellia', assolutamente unico nel suo genere, e il fatto che il marito, dal 'cognomen Carpoforus' di origine grecanica, abbia omesso la sua filiazione ma non quella della moglie, probabilmente per non dichiarare troppo esplicitamente la sua condizione di ex-schiavo liberato unitosi ad una donna di liberi natali.

Infine, come datazione l'opera può essere ricondotta verosimilmente alla prima metà del II secolo d.C.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

-  G. Mennella, "Le epigrafi romane", in E. Micheletto (a cura di), "La cattedrale di Alba. Archeologia di un cantiere", Firenze 2013, pp.182-183, n.3.

martedì 30 gennaio 2024

Tesori nascosti - Statuetta del Neolitico

 



Nelle foto: la seconda immagine è stata ripresa da M. Venturino Gambari, M. Calattini, B. Zamagni e M. Giaretti, op. cit., p.117.

Tra il 1986 e il 1988 ad Alba venne realizzata un'indagine archeologica in un'area complessiva di ben 230 mq tra via Pinot Gallizio, via Cencio e corso Langhe, sfruttando l'occasione della costruzione in quella zona di un edificio commerciale. Lo scavo permise così di scoprire interessanti ritrovamenti databili dal Neolitico fino all'età del Bronzo recente: questo frammento di statuetta fittile è uno dei rinvenimenti riconducibili ad un insediamento stabile nell'Albese di popolazioni dei "Gruppi del Neolitico Antico Padano" tra la fine del V e gli inizi del IV millennio a.C., in un momento quindi successivo alla prima neolitizzazione di quest'area ad opera di gruppi liguri della cosiddetta "Cultura della Ceramica Impressa".

La statuetta, con un'estensione a forma di fungo che doveva rappresentare la testa e delle piccole linguette al di sotto che sembrano accennare delle braccia, doveva avere in origine un'aspetto femminile e svolgeva probabilmente un ruolo essenziale nei riti e culti connessi con la fertilità della terra e la vita dei primi agricoltori.

Vari esemplari simili, ritrovati ad esempio a Vhò di Piadena in provincia di Cremona, sono stati identificati con la grande Dea Universale, madre nutrice delle origini, presente in molte delle mitologie agricole e la cui sopravvivenza si può forse percepire in componenti di questa religiosità che sarebbero confluite durante il Medioevo nello stereotipo del sabba. E' probabile dunque che statuette come questa non dovessero rappresentare una figura femminile a scopo ornamentale, ma più che altro enfatizzare determinate parti del corpo di modo da avere un valore simbolico, tesi ulteriormente avvalorata in questo esemplare dalla presenza di un motivo a zig-zag, detto a 'chevron', inciso su più punti e con cui venivano solitamente contrassegnati gli oggetti di culto.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- M. Venturino Gambari, "La preistoria: dalla pietra levigata al primo metallo", in M. Venturino Gambari (a cura di), "Navigatori e contadini: Alba e la valle del Tanaro nella preistoria", in "Studi per una storia d'Alba", vol.1, Alba 1995, pp.13-26 e, in particolare, pp.16-17 sulla statuetta fittile.

- M. Venturino Gambari, F. M. Gambari, M. Giaretti e C. Davite, "L'indagine archeologica", in M. Venturino Gambari (a cura di), op. cit., pp.70-77 sul saggio "Cooperativa dei Lavoratori" effettuato tra il 1986 e il 1988.

- M. Venturino Gambari, M. Calattini, B. Zamagni e M. Giaretti, "La cultura materiale: il Neolitico", in M. Venturino Gambari (a cura di), op. cit., pp.107-118 sulla ceramica rinvenuta nello scavo e, in particolare, pp.116-117 sempre sul frammento di statuetta albese.

- E. Micheletto, M. C. Preacco e M. Venturino Gambari (a cura di), "Città di Alba. Civico Museo 'Federico Eusebio' di Alba. Sezione di Archeologia", Alba 2006, p.26 sulle prime testimonianze di attività umana nell'Albese.   

 



lunedì 27 novembre 2023

Tesori nascosti - La spada dal fiume

 



Dal Tanaro presso Roddi proviene questa spada di bronzo che venne probabilmente seppellita nello stesso letto del fiume come offerta ai defunti o alle divinità. Dotata di un'immanicatura robusta, detta a "lingua di presa", l'arma mostra l'esigenza di dover resistere meglio ai colpi da fendente in connessione con un maggiore uso di elmi e corazze e con una prima diffusione del combattimento praticato sul cavallo, oltre che sul carro.

Come questa, le spade dell'età del Bronzo ritrovate nei fiumi del Piemonte e del resto d'Europa non presentano tracce d'uso e non sono state spezzate per indicare uno stretto legame personale con un guerriero seppellitovi accanto. Il motivo della loro peculiare offerta votiva è quindi riconducibile al collegamento che nel mondo antico si credeva esistesse tra le acque profonde e gli Inferi: traccia di ciò la si può ritrovare nel nome celto-ligure del Po, "Bodinkos", cioè "senza fondo"; questa pratica può poi richiamare alla mente varie leggende della mitologia indoeuropea che narrano di armi eccezionali fornite ad un eroe da una divinità delle acque, come la ninfa dei mari Teti che nell'Iliade chiede ad Efesto di forgiare per il figlio Achille le armi per il combattimento contro Ettore, oppure la misteriosa Dama del Lago che consegna a re Artu' la spada Excalibur.

Presumibilmente opera di artigiani ambulanti, quest'arma rinvenuta presso Roddi è databile agli inizi dell'età del Bronzo finale, ovvero tra il 1200 e il 1100 a.C.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- F. M. Gambari, "L'età del Bronzo e l'età del Ferro: navigazione, commercio e controllo del territorio", in M. Venturino Gambari (a cura di), "Navigatori e contadini: Alba e la valle del Tanaro nella preistoria", in "Studi per una storia d'Alba", vol.1, Alba 1995, pp.35-38.

- E. Micheletto, M. C. Preacco e M. Venturino Gambari (a cura di), "Città di Alba. Civico Museo 'Federico Eusebio' di Alba. Sezione di Archeologia", Alba 2006, p.39. 

martedì 21 novembre 2023

Tesori nascosti - Epigrafe cristiana

 


Apparentemente solo un piccolo frammento di marmo bianco come tanti, questa è l'unica testimonianza epigrafica certa della prima presenza del Cristianesimo nel territorio albese.

Trovata in anno e sito ignoti ed oggi affissa nel lapidario del museo civico, la lastra è mutila su tutti i lati ed il testo intero risulta difficile da ricostruire, ma all'incirca esso doveva indicare: il luogo dove riposava il defunto (il cui nome purtroppo non conosciamo) segnalato dalla tipica formula di sepoltura cristiana 'hic quiescit' e, a seguire, l'annotazione precisa degli anni (a quanto pare più di cinquanta), dei mesi e persino dei giorni che visse la persona. In una terza riga, ora perduta ma documentata da una vecchia foto d'archivio, doveva leggersi anche la sigla 'bonae memoriae', ulteriore indizio di una sepoltura cristiana.

Dato il formulario e le caratteristiche complessive è presumibile una datazione fra V e VI secolo d.C.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- S. Giorcelli Bersani, " 'Regio IX. Liguria. Alba Pompeia' ", in " 'Supplementa Italica' ", 17, 1999, p.107, n.43 e G. Mennella e S. Barbieri, "La documentazione epigrafica della città e del territorio", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, p.606, n.86 per l'epigrafe cristiana.

- Su ipotesi riguardo il radicamento antico del Cristianesimo nel territorio albese si possono consultare ad esempio: G. Cantino Wataghin, "Vescovi e territorio nel Piemonte meridionale tardo antico: una prospettiva archeologica", in E. Gautier di Confiengo, S. Lusuardi Siena e B. Taricco (a cura di), "Il viaggio della fede. La cristianizzazione del Piemonte meridionale tra IV e VIII secolo, Atti del convegno di Cherasco, Bra, Alba, 10-12 dicembre 2010", Alba-Bra-Cherasco 2013, pp.23-52 e S. Giorcelli Bersani, "La cristianizzazione del Piemonte sud-occidentale: le antiche diocesi di Alba e di Asti", in E. Lusso e F. Panero (a cura di), "Insediamenti umani e luoghi di culto fra medioevo ed età moderna. Le diocesi di Alba, Mondovì e Cuneo. Atti del convegno, La Morra 7 maggio 2011", La Morra 2011, pp.17-18.