'Scripta manent' - Il cippo di Germano

 



- Nello specchio epigrafico:

'V(ivus) f(ecit) /

C(aius) Cornelius /

C(ai) f(ilius) Cam(ilia tribu) /

Germanus, aed(ilis), /

q(uaestor), (duo)vir, praef(ectus) fabr(um), /

iudex ex (quinque) dec(uriis), /

flamen Divi Aug(usti) /

sibi et /

Valeriae M(arci) filiae /

Marcellae, /

uxori optimae.'

- Nella cornice inferiore:

'S(uo) l(oco) v(ivus) i(pse) p(osuit) (?).'

oppure

'S(uo) l(oco) v(ivus) s(ua) p(ecunia) f(ecit) (?).'

- Nello specchio epigrafico:

"Caio Cornelio Germano, figlio di Caio ed assegnato alla tribù Camilia,

fece fare da vivo. Edile, questore, duoviro, prefetto dei 'fabri',

giudice di una delle cinque decurie giudicanti a Roma

e sacerdote addetto al culto di Augusto divinizzato,

(egli fece erigere) per sé e per l'ottima moglie Valeria Marcella figlia di Marco."

- Nella cornice inferiore:

"Su suo terreno egli stesso (fece) porre da vivo (?)."

oppure

"Su suo terreno e a sue spese fece fare da vivo (?)."

(Testo latino ripreso da G. Mennella e S. Barbieri, op. cit., p.577. Traduzione italiana liberamente realizzata)  

Con i suoi 146 cm d'altezza, 115 cm di larghezza e 91 cm di profondità, l'epigrafe romana fatta realizzare da Caio Cornelio Germano per sé stesso e per la moglie Valeria Marcella è uno dei monumenti più maestosi del Museo "F. Eusebio" di Alba, conservato al pian terreno di quest'ultimo.

Si tratta di un cippo funerario in marmo bianco lunense che raffigura due Muse ai lati, sulla destra Talia con la maschera della commedia e sulla sinistra Melpomene con la maschera della tragedia, ed uno scudo sovrapposto a due lance incrociate sul retro. La sommità è stata grossolanamente spianata e vi è stato praticato un foro di infissione, forse per apporvi un ulteriore coronamento date le tracce di impiombatura rimaste. La cornice a motivi vegetali sul fronte è suddivisa tra fasce verticali ed orizzontali non raccordate agli angoli, con decorazioni a ovoli e gocce stilizzati, rilievi di foglie, fiori, rampicanti ed alcuni animali che si trovano solo sui lati sinistro e destro: uccellini che beccano acini d'uva e nutrono i piccoli nel nido, una specie di scoiattolo che salta tra i rametti e una lucertola. La rappresentazione arcaistica delle Muse, con il corpo tozzo e massiccio e una resa rigida, contrasta poi molto con la raffinata cornice floreale ed induce a pensare che le due decorazioni siano opera di mani diverse.

Il testo dell'epigrafe, scandito da alcune interpunzioni a "fogliolina d'edera", racconta della notevole carriera (il 'cursus honorum') che Germano intraprese durante la sua vita: prima edile, questore e duoviro (all'incirca il corrispettivo del console a livello locale) per la città di 'Alba Pompeia', poi insignito del titolo di prefetto dei 'fabri', che lo inseriva di diritto nel prestigioso ceto equestre, ed anche membro delle giurie giudicanti a Roma; infine divenne addetto al culto della memoria di Augusto divinizzato dopo la morte. Quest'ultima dignità gli fu evidentemente concessa quando il monumento era già stato messo in opera e quindi venne aggiunta in un secondo momento, incisa decisamente più in piccolo. I dati ricavabili dalla scrittura suggeriscono una datazione entro la seconda metà del I secolo d.C.

Il cippo è stato ritrovato nel 1779 nel letto del fiume Tanaro, probabilmente trasportato dalla necropoli albese fin vicino al lato nord delle mura cittadine a causa dei continui fenomeni alluvionali. A dimostrazione dell'azione continua che le acque del Tanaro esercitarono sul monumento, la superficie in particolare del retro e del lato raffigurante la Musa della tragedia Melpomene è molto deteriorata e dilavata. Il suo recupero venne curato dal barone ed erudito Giuseppe Vernazza, che tenne il cippo in casa propria e poi lo vendette nel 1820 a re Carlo Alberto di Savoia. Infine, il re di Sardegna donò l'opera al Comune di Alba. Fu proprio nell'abitazione del barone Vernazza che il noto falsario settecentesco Meyranesio poté vedere il testo del cippo per crearne in seguito una copia modificata.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- S. Giorcelli Bersani, " 'Regio IX. Liguria. Alba Pompeia' ", in " 'Supplementa Italica' ", 17, 1999, p.68.

- G. Mennella e S. Barbieri, "La documentazione epigrafica della città e del territorio", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, pp.577-578, n.14.

- L. Albanese, "Marmi romani dal Museo Civico 'Federico Eusebio' di Alba", Savigliano 2007, pp.122-124, n.72.

- E. Micheletto, M. C. Preacco e M. Venturino Gambari (a cura di), "Città di Alba. Civico Museo 'Federico Eusebio' di Alba. Sezione di Archeologia", Alba 2006, p.67.

Per la figura del parroco di Sambuco e falsario Meyranesio si veda:

- https://amicieusebio.blogspot.com/2024/10/don-francesco-giuseppe-meyranesio.html link interno al blog sulla mostra "Don Meyranesio da Pietraporzio: integerrimo studioso o falsario patentato?".

 

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