Pertinace allievo e grammatico

 


Come accadeva di solito per i bambini dell'epoca imperiale romana, nei suoi primissimi anni di vita anche Pertinace venne educato dalla madre, dopodiché, a circa 7 anni, iniziò il suo 'iter' di formazione costituito da 3 gradi successivi d'istruzione scolastica ['Historia Augusta', 'Pert.', 1,4].

Prima di tutto imparò a leggere, scrivere e far di conto probabilmente da un 'ludi magister' o 'primus magister', un maestro privato conosciuto per essere spesso di scarsa levatura sociale e per essere pagato pochissimo. Questo poteva esercitare la sua professione anche agli incroci delle strade e, come ricorda lo storico Tacito, pur di accaparrarsi degli alunni poteva adulare in ogni modo i genitori, illudendoli sulle aspettative nutrite verso i propri figli [Tacito, 'Dialogus', 29,19-21].

In seguito il giovane Pertinace venne affidato ad un maestro greco per studiare alla perfezione la lingua e la letteratura greca e latina. Il 'grammaticus' in questione poteva avere sia origine greca che latina, ma in ogni caso doveva dimostrare un'approfondita conoscenza di entrambe le letterature e non di rado veniva pretesa dai padri di famiglia una sua totale onniscienza in cambio di compensi minimi. Nonostante la condizione sociale ed economica un poco migliore rispetto al primo maestro, difficilmente il grammatico otteneva fama, riconoscimenti pubblici ed uno stipendio più che modesto. Dati i metodi d'insegnamento dell'epoca, non era inoltre inusuale che questi grammatici facessero ricorso alla violenza per impartire le loro lezioni, tanto è vero che ad esempio Orazio rammenta bene le legnate subite dal suo maestro Orbilio Pupillo [Orazio, 'Epistulae', II 1,68-71].

Infine il futuro imperatore, ancora adolescente, si trasferì a Roma per accedere alla scuola dell'insigne retore Gaio Sulpicio Apollinare, tra gli uomini più colti del tempo e maestro del retore Frontone, il precettore di Marco Aurelio. Grazie a lui Pertinace apprese l'arte dell'eloquenza, si esercitò nel comporre versi sul modello dell'Eneide ed iniziò poi il mestiere di grammatico. A favore della scelta di questa sua prima carriera giovanile doveva esserci anche una certa attitudine e passione per la cultura letteraria, dimostrate oltretutto dal fatto che, fino agli ultimi giorni di vita, Pertinace era solito parlare di letteratura a cena con un tal Valeriano, suo vecchio collega d'insegnamento e forse suo compagno alla scuola di Apollinare ['Historia Augusta', 'Pert.', 12,7]. Immaginando un destino alternativo, non è quindi inconcepibile pensare che il futuro imperatore albese potesse diventare un retore affermato, a maggior ragione dato che negli stessi anni era allievo di Apollinare anche il poeta Aulo Gellio, autore delle 'Noctes Atticae' [Aulo Gellio, 'Noctes Atticae', XVIII 4,1].

E' però la stessa 'Historia Augusta' a darci la motivazione per cui Pertinace non proseguì questa carriera, cioè gli scarsi guadagni e la limitatezza degli sbocchi professionali possibili ['Historia Augusta', 'Pert.', 1,5]. Forse a indurlo a questa scelta contribuì inoltre il pregiudizio gravante sulla maggior parte degli insegnanti, ossia il disprezzo nei confronti della loro estrazione servile o libertina, a cui lui stesso apparteneva in quanto figlio di un liberto, e le grandi difficoltà nel potersi riscattare da una tale condizione, per quanto colti si potesse essere.

A cura di Umberto Marucco

Per maggiori approfondimenti si veda:

- S. Fox e M. Pomponi, "Publio Elvio Pertinace imperatore romano: 'Alba Pompeia' 126 d.C. - 'Roma' 193 d.C.", Alba 2010, pp.66-69.

- Sull'identificazione e l'origine del retore Sulpicio Apollinare si guardi F. Stok, " 'Sulpicius Apollinaris Carthaginiensis': un'identità problematica", in "Incontri Triestini di Filologia Classica", 7, 2007-2008, pp.201-218.

- Sulla professione di grammatico esercitata da Pertinace si vedano A. R. Birley, " 'Septimius Severus'. The African Emperor", Londra - New York 1999, pp.63-64 e F. Cassola, "Ricerche sul II secolo dell'Impero: l'ascesa di Pertinace fino al 180 d.C.", in "Quaderni di Le parole e le idee", 1966, (pp.7-42), pp.7-9.   

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