Girovagando per Alba - Le mura di piazza Mons. Grassi
Dopo che lo stesso Federico Eusebio era già riuscito, agli inizi del '900, a descrivere un rudere sporgente dal muro delle vecchie scuderie del palazzo vescovile, negli anni '50 degli scavi portarono alla luce in piazza Mons. Grassi un ampio tratto di mura corrispondente al lato orientale della cinta di 'Alba Pompeia'. Sondaggi ulteriori, effettuati in seguito nel parco del palazzo vescovile, confermarono la continuazione e l'andamento della fortificazione. Nel luogo dove oggi si trova il Vescovado doveva inoltre aprirsi verso est una delle porte principali della città.
Il ritrovamento di questo ed altri tratti della parte orientale delle mura è stato fondamentale anche per ricostruire, attraverso il suo ribaltamento, il lato ovest della cinta che invece non ha goduto degli stessi fortunati rinvenimenti. Si è così potuta accertare la forma ottagonale di queste mura, usata sì per esigenze difensive, ma anche per adattarsi meglio alla conformazione del territorio nel delimitare l'impianto urbano e nello scongiurare i danni provocati dalle esondazioni del vicino Tanaro.
Date le somiglianze nelle tecniche costruttive con le mura dell'antica Torino e la datazione al tardo I secolo a.C. di alcuni bolli presenti su dei laterizi, generalmente la costruzione della cinta difensiva di 'Alba Pompeia' viene ricondotta all'età augustea. Essa era stata realizzata con una fondazione interrata larga 2,40 metri e profonda 1,20 metri, costituita da ciottoli di fiume impastati tra loro con malta. In elevato invece poteva ergersi per almeno 8 o 9 metri e terminare con una larghezza finale di 1,50 metri, comprensiva di un camminamento protetto sull'esterno.
Del tratto rinvenuto in passato oggi in piazza Mons. Grassi non rimane altro che un rudere di pochi metri, a causa del fatto che nel 1955 venne decisa la demolizione del resto della parte emergente per agevolare il traffico automobilistico. Lo stesso rudere, seppur sprovvisto dell'originario paramento in mattoni che lo rivestiva, mostra ancora la tecnica edilizia con cui vennero innalzate tutte le mura, con pietre e ciottoli legati da malta ed alternati a doppi ricorsi di mattoni, utili per riprendere l'orizzontamento del piano nella costruzione. A poca distanza da esso si può infine osservare il punto in cui l'antica fortificazione prosegue al di sotto della recinzione del Vescovado.
A cura di Umberto Marucco
Per maggiori approfondimenti si veda:
- F. Filippi, "Urbanistica e architettura", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, pp.44-57.
- E. Micheletto, M. C. Preacco e M. Venturino Gambari (a cura di), "Città di Alba. Civico Museo 'Federico Eusebio' di Alba. Sezione di Archeologia", Alba 2006, p.51.
- Soprattutto su una planimetria dell'impianto urbanistico di 'Alba Pompeia', proposta nel 1975 e divenuta poi cruciale per il successivo lavoro di ricerca anche sulle mura, si veda S. Finocchi, "Ipotesi geometrica della forma di 'Alba Pompeia' sulla scorta dei più attendibili scavi e reperti", in "Tessuti urbani in Alba", Alba 1975, pp.85-96.
- Riguardo le mura romane della città torinese è utile L. Brecciaroli Taborelli e A. Gabucci, "Le mura e il teatro di 'Augusta Taurinorum': sequenze stratigrafiche e dati cronologici", in L. Brecciaroli Taborelli (a cura di), "Forme e tempi dell'urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo a.C. - I secolo d.C.), Atti delle Giornate di Studio, Torino 4-6 maggio 2006", Borgo San Lorenzo 2007, pp.243-259.
Nello specifico sul tratto di mura ritrovato in piazza Mons. Grassi e sull'attestazione della porta orientale si veda:
- F. Filippi, "La documentazione archeologica della città", in F. Filippi (a cura di), op. cit., pp.190-192.
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