Esposta assieme ai pavimenti del teatro antico e ai reperti legati ai culti cittadini, in una sala del museo "F. Eusebio" si trova oggi una rara testimonianza della Liguria interna relativa all'imperatore Caracalla.
Questa lastra di calcare di appena 38x50 cm, probabilmente reimpiegata data la colata di vernice sintetica che ne ha danneggiato tutta la superficie e rinvenuta nel 1985 ad Alba in un luogo sconosciuto, in origine faceva parte di una ben più maestosa iscrizione pubblica, come si evince anche dalle lettere alte fino ad 8 cm, offerta al figlio di Settimio Severo dalla 'plebs urbana' di 'Alba Pompeia' in verosimile unione con l'ordo decurionale della città, ossia l'insieme dei cittadini più ricchi ed onorevoli che avevano il privilegio di poter sedere nella curia, il senato locale creato a immagine di quello di Roma. La dedica è inoltre la prima attestazione di questa forma di onori nell'ambito della municipalità albese e potrebbe documentare l'esistenza di un ordo decurionale per l'amministrazione della città fino ai primi decenni del III secolo d.C.
Poiché solamente la dinastia dei Severi faceva riferimento ai precedenti imperatori antonini attraverso una fittizia parentela adottiva, la menzione nell'iscrizione del dedicatario come 'adnepos' di Traiano induce a identificarlo in Caracalla e la sua stessa titolatura sembra essere successiva alla morte del padre, dunque l'intera epigrafe si collocherebbe di sicuro dopo il 211 d.C. Vista poi la genericità dell'omaggio, non è da escludere che si trattasse di un auspicio 'pro salute et reditu', indirizzato all'imperatore per augurargli il miglior ritorno possibile dalla campagna in Oriente contro i Parti del 214 d.C.
Infine, la stessa lastra è anche una delle poche epigrafi databili a questo secolo, periodo in cui, data la grave mancanza di testimonianze sulla vita cittadina, è evidente che 'Alba Pompeia' stava affrontando una crisi caratterizzata dal regresso economico, dalla contrazione della popolazione e dal progressivo abbandono delle strutture pubbliche e private.
Limitatamente alle quattro righe ancora in parte conservate, l'iscrizione pubblica poteva recitare così:
'... [Divi Hadriani abnepoti, D]ivi Trai[ani / Parth(ici) et Divi Nervae] /
[a]dnepoti /
[M(arco) Aurelio Anton]ino Pio [Felici Augusto] /
[decuriones et] plebs [urbana] (?). / ----- (?)'
"... All'abnipote del Divo Adriano, adnipote del Divo Traiano Partico e del Divo Nerva,
Marco Aurelio Antonino Pio Felice Augusto,
i decurioni e la plebe urbana (di 'Alba Pompeia' fecero fare)... (?)"
(Testo latino ripreso da G. Mennella e S. Barbieri, op. cit., p.575, n.9. Traduzione italiana liberamente realizzata)
A cura di Umberto Marucco
Per maggiori approfondimenti si veda:
- L. Albanese, "Marmi romani dal Museo Civico 'Federico Eusebio' di Alba, Savigliano 2007, p.146, n.93.
- S. Giorcelli Bersani, " 'Regio IX. Liguria. Alba Pompeia' ", in " 'Supplementa Italica' ", 17, 1999, pp.73-74, n.3.
- G. Mennella e S. Barbieri, "La documentazione epigrafica della città e del territorio", in F. Filippi (a cura di), " 'Alba Pompeia': archeologia della città dalla fondazione alla tarda antichità", in "Studi per una storia d'Alba", vol.2, Alba 1997, p.575, n.9.
- S. Roda, "Ai margini dell'impero nell'età dell'angoscia: Alba e il Piemonte romano al tempo di Pertinace", in M. Pomponi (a cura di), "Publio Elvio Pertinace imperatore romano: 'Alba Pompeia' 126 - Roma 193 d.C. Atti della Giornata di studi su Publio Elvio Pertinace, Fondazione Ferrero, Alba, giugno 2007", Alba 2010, p.38 e nota 47. Quest'ultimo contributo fornisce inoltre un'attenta analisi della crisi che colpì 'Alba Pompeia' ai tempi della salita al potere dell'imperatore Pertinace e, forse, già in epoca precedente.
- Per utilissime informazioni sullo studio delle testimonianze epigrafiche e sulla conoscenza che tale tipologia di fonti ha potuto trasmettere sulla civiltà romana si può consultare il manuale più volte ristampato S. Giorcelli Bersani, "Epigrafia e storia di Roma", Roma 2004, in particolare pp.171-182 (5.1 "I signori delle città") per spiegazioni sull'ordo decurionale delle diverse comunità cittadine.
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